Molte chiese pistoiesi si distinguono per la qualità artistica dei loro pulpiti. La chiesa di Sant’Andrea in cui si trova il Pulpito di Giovanni Pisano è stata fondata nel VII secolo e ampliata nelle forme attuali nel XII secolo. Presenta suoi muri massicci e un interno austero e poco illuminato, diviso in tre strette navate che terminano in un’abside con monofore.
L’importanza della pieve di Sant’Andrea, sin dall’origine indicata come ‘pieve’, cioè dotata di fonte battesimale, e «seconda per dignità soltanto alla Cattedrale», è testimoniata proprio dalla presenza di tre opere ( il pulpito e due crocifissi) di Giovanni Pisano, ritenuto il più importante scultore gotico italiano.
Il pulpito, considerato uno dei massimi capolavori dell’arte italiana, è stato realizzato tra il 1298 e il 1301. I cinque pannelli a rilievo e le figure decorative sono scolpiti in marmo di Carrara e presentano un linguaggio e soluzioni figurative così innovative da aver influenzato profondamente gli artisti del Rinascimento. Sono state evidenziate tra l’altro analogie tra le figure dei profeti nei sottarchi e le sibille sui capitelli e le creazioni michelangiolesche nella cappella Sistina.
Il pulpito ha forma esagonale ed è sostenuto da sette colonne collegate da un sistema di archi a sesto acuto. La decorazione scultorea si sviluppa in tre cicli: le origini, il Vecchio Testamento, la vita di Cristo. Nella parte inferiore ritorna la classica simbologia medioevale nelle quattro basi delle colonne dove sono raffigurati un leone che azzanna un cavallo, simbolo della vittoria finale del Cristo sull’Anticristo – una leonessa allattante che accoglie uno spaurito coniglio, simbolo della chiesa, sposa di Cristo che accoglie e protegge gli oppressi – Adamo, in forma di Atlante, che simboleggia l’Uomo irredento schiacciato dal peso della verità. Al centro, un leone alato, un’aquila e un grifo rappresentano la morte di Cristo, la Resurrezione, e il suo ritorno finale. Nella parte superiore inizia il secondo ciclo, con le Sibille, che alludono al mondo pagano e i profeti del Vecchio Testamento che si sporgono ad intravedere la rivelazione di Cristo rappresentata al piano superiore. I pannelli del parapetto raffigurano cinque scene della vita di Gesù, mentre negli angoli ci sono figure e simboli del Nuovo Testamento
In origine il pulpito era collocato nel presbiterio a destra dell’altare. Secondo le indicazioni liturgiche del Concilio di Trento, intorno al 1619 il pulpito fu spostato nella posizione attuale. Gli adattamenti alla nuova collocazione e modifiche nell’ordine degli elementi durante il rimontaggio potrebbero aver contribuito a dissesti e problemi strutturali già attestati nel corso del 19° secolo. Nel corso del tempo sono stati effettuati più restauri e interventi strutturali, come l’aggiunta di staffe metalliche per rafforzare la struttura. Dal 1947 l’Opificio delle Pietre Dure ne cura il monitoraggio e la conservazione. Nel 2007 sono state condotte analisi approfondite, tra cui studi morfometrici, prove sui materiali (marmi, dorature, vetri), indagini geologiche e geomeccaniche sulle fondazioni, prove geofisiche e gammagrafiche.
Il progetto di documentazione e monitoraggio in corso è iniziato nel 2019. E’ coordinato dalla Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per la città metropolitana di Firenze e le province di Pistoia e Prato con il sostegno della Fondazione Friends of Florence e impegna l’Università degli Studi di Firenze (Dipartimenti di Scienze della Terra e di Ingegneria Civile e Ambientale) e l’Opificio delle Pietre Dure.
La campagna di documentazione geometrica ha previsto la realizzazione di una rete topografica di inquadramento materializzata in modo permanente, scansioni laser eseguite con due strumenti e un rilievo fotogrammetrico. I modelli di punti e mesh ottenuti hanno permesso di determinare accuratamente la geometria e l’assetto di tutti gli elementi dell’opera e ha costituito la base per lo svolgimento delle indagini successive.
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Progetto di ricerca CHANGES collegato
Grazia Tucci (PI), Alessandro Conti, Lidia Fiorini, Michele Betti, Silvia Monchetti


